L’INTELLIGENCE ECONOMICA SECONDO PARIGI
L’esempio più eclatante di politica governativa a tutela degli interessi economici nazionali come priorità di sicurezza è quello della Francia. Per Parigi, in un mondo globalizzato in cui le pratiche commerciali scorrette sono considerate come l’equivalente di un atto di guerra, l’intelligence economico-finanziaria diventa uno strumento di espansione sistemica, perseguita tutelando e promuovendo i singoli attori, le cui informazioni non sono più condivise all’interno di alleanze militari e politiche. Alleati militari e politici possono, dunque, essere potenziali avversari economici. E viceversa.
L’intelligence economica dei Servizi viene orientata dal Governo affinché tutte le azioni (pubbliche e private) sui mercati esteri abbiano un riverbero utile per gli attori economici nazionali coinvolti e, di conseguenza, per lo sviluppo dello Stato stesso. Per fare questo, nel 2011 il finanziamento della DGSE francese è aumentato del 6%, con lo scopo di coprire il costo di 165 nuovi posti di lavoro nel Servizio e attrarre analisti e dirigenti (non militari e di elevata qualificazione accademica) attribuendo loro il rango di “alto funzionario dello Stato”.
L’INTELLIGENCE ECONOMICA SECONDO PARIGI IN ITALIA
In Italia, gli interessi francesi sono concentrati in importanti aziende nazionali, di punta nel made in Italy o in comparti strategici. Di rilievo è la presenza nel lusso (con il rafforzamento di Louis Vitton), nel settore fieristico (con Gl Events), nella grande distribuzione (con la presenza capillare di Carrefour, Auchan e Leclerc), nell’alimentare (con la forte presenza di Lactalis, a prescindere dall’operazione Parmalat, ancora tutta da verificare), nell’energia (con il ruolo preminente di Electricitè de France e Suez-Gaz de France), nei trasporti (ferroviario, per le mire di Veolia sull’Alta Velocità, e dell’aviazione civile, con Air France detentrice del 25% di Alitalia, in attesa del 2013 per acquistare ulteriori quote), nella finanza (con il ruolo preminente negli equilibri tra Mediobanca, Generali ed Intesa, e le attività sul territorio di Bnp Paribas, Credit Agricole, Société Générale, Axa e Groupama), nella sanità privata (con la partnership tra la famiglia Mulliez ed Arkimedica, seconda nel settore in Italia).
L’Italia è terreno fertile per la Francia, per l’esistenza di un capitalismo limitato e troppo incline a “far politica”, per un sistema bancario penetrabile e poco attento allo sviluppo della politica industriale nazionale, nonché per un’intelligence economica votata più all’ordine pubblico che all’interlocuzione con le grandi lobby dell’economia e della finanza.
INTELLIGENCE ECONOMICA FRANCESE E FONDI SOVRANI
L’espansione economica strategica francese si basa sul “principio di reciprocità” che vincola il Paese che intende investire in Francia (in un qualsiasi settore dell’economia interna) a garantire analoga opportunità.
Nella “politica del bilancino”, in cui l’intelligence e le Camere di Commercio sono agenti fondamentali, dal dicembre 2005, Parigi ha posto un blocco per 11 settori strategici (tra cui, tutto il comparto difesa, il gioco d’azzardo, la tutela di agenti patogeni o tossici, tutela di materiali per l’intercettazione telefonica e telematica, la sicurezza di imprese operanti con operatori pubblici), per compiere operazioni nei quali è sempre necessaria un’autorizzazione governativa. Questa decisione ha spesso reso le dichiarazioni di trasparenza, atteggiamenti meramente unidirezionali. Quando un investitore straniero ha cercato di entrare nel mercato francese, c’è stata sempre una ragione per cui, in quel momento storico, ciò non è stato possibile. E’ il caso di Danone con Pepsi, o della costituzione di Suez-GdF per arginare le mire di Enel.
Reciprocità e barriere all’entrata sono il “credo” perseguito anche nell’apertura ai Fondi sovrani dei Paesi emergenti.
Con l’avvio nel 2008 del Fondo sovrano francese, lo Strategic Investment Fund (di cui l’intelligence economica dei Servizi ha rappresentato subito un braccio operativo), Parigi è entrata in partnership, ma anche in diretta concorrenza, con i Paesi emergenti anche su questo mercato. Sulle linee del “Rapporto Demarolle” del 2008, Parigi ha avviato misure per attrarre i principali Fondi sovrani del mondo nei settori fiscale (con convenzioni apposite), giuridico (aumentando la comparabilità del diritto dei mercati finanziari con i sistemi giuridici stranieri) e religioso (armonizzando il sistema economico-finanziario interno con i principi della finanza islamica), finalizzate ad attrarre i patrimoni, per lo più mediorientali e cinesi.
Roma, 4 aprile 2011